STUDENTESSA: Secondo Lei, un vero dialogo può essere sostituito dall’interazione con un computer?
ROSSETTI: Sì e no. Dipende anzitutto dall’uso che si fa del computer. Se l’uso è quello finalizzato a fare del computer una brutta copia della televisione, il dialogo con l’utente non sussiste.
Se d’altra parte il computer riesce a gestire una situazione di tipo "dialogico" e a reagire in maniera ragionevole alle interrogazioni dell’utente, si può realizzare una doppia possibilità che vede essere, da un lato, il percorso "ipertestuale" dell’utente diverso da quello di qualsiasi altro, e, dall’altro, crearsi una interazione nella quale l’utente possa ritrovare un suo spazio.
STUDENTESSA: Un vero dialogo è anche passione, pathos, e non soltanto interesse alla ricerca di una verità, o mi sbaglio?
ROSSETTI: Il pathos nel dialogo è dato dall’impegno che vi si mette, e ciò comporta un investimento emotivo. Io riterrei fondamentale la differenza tra il dialogo in cui predomina il pathos e quello in cui predomina il logos. Direi allora che il dialogo potrebbe risentirne nei casi in cui predomina il pathos. Il pathos permette l’empatia, ma non un vero confronto. Nel caso opposto, quando cioè predomina il logos, il dialogo potrebbe risultare troppo pacato e mancare di sufficiente tensione. Nel dialogo socratico non ci sono eventi che scombussolano la vita dei personaggi. In quel caso si può ragionare e discutere, pur prevalendo il logos. Quanto al dialogo tradotto in libro, il lettore ha la possibilità di riflettere con la propria mente, di seguire i ragionamenti descritti con il proprio pensiero, di prendere posizione, e infine di maturare una propria idea mentre i due o più personaggi discutono. In questo caso il pathos non verrebbe in soccorso del logos, anzi lo chiuderebbe in una prigione